CATTIVERIE A DOMICILIO, LETTERE AL VETRIOLO CONTRO IL PERBENISMO

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Dopo il successo di pubblico ottenuto nel Regno Unito, arriva anche in Italia il film ‘Cattiverie a Domicilio’ (‘Wicked Little letters’), dal 18 aprile in tutte le sale. Protagoniste sono Olivia Colman nel ruolo di Edith Swan e Jessie Buckley in quello di Rose Gooding. Accanto a loro, troviamo Gemma Jones, Timothy Spall e Eileen Atkins.

Scritto da Johnny Sweet (apprezzato stand-up comedian) e diretto da Thea Sharrock, il film si basa su un fatto che fece molto scalpore, realmente accaduto negli anni Venti in Inghilterra in una piccola cittadina costiera. Per chi volesse approfondire il caso può leggere il libro, pubblicato nel 2017, ‘The Littlehampton Libels: A Miscarriage of Justice and a Mystery about words in 1920s England’, di Christopher Hilliard (disponibile solo in lingua Inglese).

Siamo a Littlehampton, West Sussex, nel 1922. Le profonde ferite sociali ed economiche inferte alla popolazione dalla Prima Guerra Mondiale non sono ancora rimarginate. La vita è dura, sì, ma qualcosa è cambiato per sempre nell’ordine sociale…solo il genere maschile sembra non volersene accorgere.

In questa cittadina di mare arriva dall’Irlanda Rose, giovane ed assai esuberante vedova di guerra (ma ne siamo proprio sicuri? dopo la guerra e con tutti gli sconvolgimenti ad essa conseguenti, è facile cambiare identità), con una bimba di nome Nancy e un compagno di colore.

Edith, rispettabile zitella del paese che vive con e per i genitori, vicina di casa di Rose, è inizialmente sua amica finché non cominceranno ad arrivarle terribili lettere anonime piene zeppe di sconcezze e volgarità. La polizia, a seguito della denuncia di Edith nei confronti di Rose, sarà costretta ad indagare, non senza l’aiuto dell’intuito femminile.

L’emancipazione della donna, il riscatto degli ultimi, la religione e la famiglia come prigioni, le superficiali investigazioni della polizia, la difficoltà ad accettare il diverso, l’assoluta mancanza di inclusività tanti sono i temi che emergono in un film che li sa raccontare e che ci fa riflettere.

Scritto con i toni dell’ironia e con la voglia di provocare, la storia coinvolge, commuove e la suspense è altissima. Se qualche risata scappa è amara o ha in sé il senso del riscatto e della rivincita.

Il mystery, che passa comunque in secondo piano, ci dà lo spunto anche per riflettere sulle procedure investigative del tempo, sulla perizia grafica, per esempio, che non era ancora pienamente riconosciuta in sede processuale ma soprattutto sul fatto che a contare fosse lo stato sociale di appartenenza.

Molto curata la scelta dei costumi e la ricostruzione urbanistica, una visione che ti immerge negli anni Venti del ‘900 ma non così lontana dai nostri giorni.

 

 

 

 

 

 

 

 

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