
Daniele Pecci è il protagonista dell’adattamento teatrale del romanzo di Luigi Pirandello scritto nel 1903, che apparve dapprima a puntate sulla rivista ‘Nuova Antologia’ nel 1904, poi fu pubblicato in volume nello stesso anno. Lo spettacolo, scritto proprio da Pecci, è una produzione di Arca Azzurra Teatro, La Contrada Teatro Stabile di Trieste e ABC Produzioni; andrà in scena al Teatro Quirino di Roma dal 6 al 18 novembre. Sul palcoscenico, accanto a Pecci, Rosario Coppolino, Maria Rosaria Carli, Giovanni Maria Briganti, Adriano Giraldi, Diana Höbel, Marzia Postogna e Vincenzo Volo. Le scene sono di Salvo Manciagli, i costumi di Françoise Raybaud e le musiche di Massimiliano Pace. La regia è affidata a Gugliemo Ferro.
“Una delle poche cose, anzi forse la sola ch’io sapessi di certo era questa: che mi chiamavo Mattia Pascal. E me ne approfittavo. Ogni qual volta qualcuno de’ miei amici o conoscenti dimostrava d’aver perduto il senno fino al punto di venire da me per qualche consiglio o suggerimento, mi stringevo nelle spalle, socchiudevo gli occhi e gli rispondevo: — Io mi chiamo Mattia Pascal. — Grazie, caro. Questo lo so. — E ti par poco?” (Luigi Pirandello)
‘Il fu Mattia Pascal’ è il più famoso dei romanzi pirandelliani. La trama è nota: creduto morto dopo una fuga da casa, un uomo pensa di approfittare di una fortuita circostanza per cambiare vita, ma si renderà conto che spezzare la catena delle convenzioni sociali e mutare d’identità non sarà affatto semplice.
NOTE DI REGIA
Tre personaggi: Mattia Pascal, Adriano Meis, il redivivo Mattia Pascal.
La Morte dell’identità delle maschere nude. La rinascita attraverso qualcosa di nuovo: l’umorismo. La decomposizione della morte nella vita. La semplicità che serve la complessità è la scelta estetica e registica della messinscena del romanzo di Pirandello, così come per i tanti testi pirandelliani già realizzati.
È la stessa lingua che lo impone. È la complessità filosofica che lo esige. È il profondo sentire che ritrovo in Pirandello ad avermi sempre consentito di esprimere le geometrie e i ritmi serrati che sono alla base del mio concetto di regia.
L’adozione di una recitazione lineare, l’essenzialità del messaggio drammaturgico in questo ‘Il Fu Mattia Pascal’ servono ad assegnare ai tre personaggi, tre punti di vista delle diverse vicende. È uno stare in equilibrio di Mattia sulla scena. I portali del baratro sono sempre in azione. Si aprono e si chiudono su ricordi, incubi, amori, malumori, famiglie, donne, città. Un’acrobazia della coscienza sull’incoscienza, della Morte sulla vita. Ed è in questi azzardi di Mattia che cadono gli altri personaggi: tutti traditi e traditori. Vittime e carnefici impastati.
E allora Mattia è un codardo o è un eroe negativo?
È Mattia Pascal e si tiene in bilico… con il rischio di cadere sempre giù.
Guglielmo Ferro